Ma la Lega che oggi strilla ci stava portando nel baratro

Nei giorni scorsi "la Padania" ha ospitato un articolo del sindaco Alberto Gusmeroli, prontamente diffuso dalla sua portavoce con una prassi che riteniamo istituzionalmente poco corretta, trattandosi di uno scritto di taglio politico - oltretutto apparso su un giornale di partito - che nulla ha a che fare con il ruolo nell'amministrazione aronese. Di seguito una nostra risposta all'articolo.

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Non è la prima volta che un'analisi della situazione economica a firma del sindaco Alberto Gusmeroli trova ampio spazio sulle colonne della Padania, a riprova di un prestigio interno che gli discende meritatamente dalla fedeltà alla "cordata" Cota (sì, il governatore che non viene a spiegarci perché dimezzerà l'ospedale ma viene a farsi il giretto del mercato spostato di qualche metro).
Abbiamo provato a leggerci attentamente tutto l’ultimo articolo ed a rilevarne qualche punto, a nostro avviso, particolarmente discutibile.
Ovvio che per il ruolo politico che la Lega si è ritagliata in questa fase politica, ovvero il collettore dell'ampio malcontento inevitabile in un momento di forte crisi, il giudizio sull'operato del governo sia negativo. Ma la manovra Monti, da sola, doveva salvare l'Italia? E' offensivo per le competenze innegabili che siedono nel governo anche solo pensarlo. La sua necessità, però, è paragonabile ad una situazione in cui “da qualche parte si dovrà pur cominciare”, a quando si vuol dare subito un'impronta diversa, certo anche scontentando ma presentandosi con serietà: quando si parla di situazione grave e sacrifici imposti dal momento, invece di negare l'evidenza offendendo gli italiani cianciando di “code nei ristoranti”.
Sul federalismo fiscale, buono quando la Lega inventa l'IMU, cattivo quando il governo Monti poi la applica (tanto da giungere al ridicolo di invitare all'obiezione), abbiamo l'umiltà di lasciar dire ai veri esperti di economia quali danni rischia di produrre se non verrà attuato con misure tali da non rendere ancora più acuto il divario tra regioni ed aree locali. Perché, realisticamente, la “macroregione” centro europea con un colosso come la Baviera, gli amici padani possono continuare a sognarsela per parecchi decenni ancora: qualora i tedeschi dovessero ammetterceli, li tratterebbero peggio di un'area depressa della Calabria.
Ma attribuire al governo Monti la volontà di mantenere lo status quo, ovvero la volontà di continuare a permettere che la criminalità organizzata si infiltri negli appalti pubblici, che permanga il clientelismo imperante e non si ottimizzi la spesa rasenta la barzelletta da festa della birra.
Il Referendum costituzionale del 2006 ha cancellato (61% di voti contrari, con il 52% di partecipanti al voto) il pasticciato progetto di riforma leghista dello Stato, come quello del 2001 ha confermato la riforma (migliorabile, di certo) del centrosinistra con il 34% di partecipazione. Ovvero, erano molti più gli italiani convinti di dover andare al voto per eliminare un obbrobrio istituzionale che quelli spinti a confermare un provvedimento utile. Riflettiamoci: fa parte delle dinamiche della democrazia diretta, in uso ad esempio nella pluri citata Svizzera, che rimane positiva non solo quando da' ragione a noi.
Gusmeroli ci gira attorno ma la domanda rimane: che cosa ha fatto la Lega per l'economia? ha seguito la scia del governo con il superministro, ora quasi leghista, Tremonti (un altro commercialista): ovvero nulla. E tralasciamo i paragoni con la Germania, perché basta una minima conoscenza della realtà di quel paese per sapere che dal punto di vista economico il divario est - ovest è tuttora acutissimo, con il territorio orientale dove la sparizione dell'economia a direzione statale ha determinato conseguenze occupazionali e sociali spaventose.
Seguendo l'editorialista, passiamo a parlare dei risultati ottenuti in Arona, alcuni innegabili e dei quali gli abbiamo dato atto. Ma vuole veramente far credere che possa le presenze turistiche (rilevate di solito in termini di pernottamenti) in città siano cresciute perché è stato reso fruibile un parco che era, per troppo tempo e con colpe bipartisan, rimasto chiuso?
Siamo lieti che finalmente Gusmeroli (il sindaco) pensi allo svincolo dal patto di stabilità degli investimenti pubblici, peccato che il patto fosse difeso come strumento di rigore quando la Lega era al governo e il centrosinistra alla guida del comune accusato di incapacità. E che lo stesso Gusmeroli neoeletto avesse inventato la formula di "aggressione" del patto attraverso il taglio della spesa, formula poi fallita nei fatti.
Singolare invece parlare di lotta all'evasione, e grave che lo faccia un fiscalista che conosce la materia, quando il governo anche da lui sostenuto si è reso responsabile di provvedimenti quali il condono fiscale, lo scudo gratuito sui capitali all'estero, l'abolizione dell'elenco clienti-fornitori (dal cui incrocio si rilevano facilmente eventuali fatturazioni gonfiate), poi fortunatamente ripristinato.
Sull'orgoglio (evidentemente padano) sul quale “Lega docet”, invitare all'acquisto di beni italiani, prodotti dell'agricoltura, allevamento e industria significa semplicemente non avere nemmeno la più vaga idea della realtà economico produttiva italiana; la quale, mentre l'economista aronese si occupava di revisione contabile si è sempre più orientata su produzioni qualitativamente elevatissime e quantitativamente ridotte. Tali da poter competere - e prevalere - in settori che poco risentono della crisi (beni di lusso, artigianato altamente specializzato, tecnologie industriali ecc.) ma non certamente sul mercato alimentare, ad esempio, ovvero quello che interessa ognuno di noi, proprio quello sul quale è sempre più complesso far quadrare il bilancio familiare.
Anzi, peggio: l'invito a "comprare italiano" significa, in un momento di scarsità di risorse per le famiglie, proporre alle famiglie stesse di spendere più di quanto potrebbero per prodotti italiani la cui qualità è sicuramente elevatissima, ma dati gli standard produttivi, lo è anche il relativo prezzo.
Potremmo però chiederci perché, pur producendo in Italia alcune delle vetture di maggior prestigio al mondo, il governo di centrodestra comprasse auto tedesche e francesi.
Insomma: dopo aver invocato Francia e Germania come esempi, dopo la favoletta dell’Italia a due tempi e due velocità, perfino il concetto, in sé positivo, di quanto sia “sano e bello comprare italiano” viene piegato a perpetuare un inganno.
La solita visione demagogica per la quale tre anni e mezzo di governo inconcludente e autodistruttosi sarebbero meglio di un esperimento tecnico; per la quale si salvano deputati inquisiti per mafia e poi si strilla sulla legalità; una visione strabica per la quale, a tutti i livelli, la politica è sporca e costa troppo quando la fanno gli altri ed è sublime quando invece, speriamo sempre meno, i completi blu che siedono sulle poltrone romane (e via via regionali, provinciali) hanno nel taschino il fazzoletto verde.

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