"Scendere giù in mezzo agli uomini a lottare con loro"

In occasione del Giorno della memoria dedicato alle vittime del terrorismo vogliamo ricordare Guido Rossa, l'operaio comunista dell'Italsider genovese che denunciò infiltrazioni brigatiste nello stabilimento in cui lavorava e venne ucciso il 24 gennaio 1979.
I suoi funerali, cui prese parte il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, furono seguiti da oltre 250mila persone. Alla memoria di Guido Rossa venne conferita la medaglia d'oro al valor civile.
In questa lettera all'amico Ottavio spiega la decisione di rinunciare alle scalate in montagna - era un fortissimo scalatore - per «scendere giù in mezzo agli uomini» assumendo un impegno diretto nel sindacato di fabbrica.
Una situazione particolarissima quanto emblematica che riguarda ancora troppe persone che oggi vivono nel pericoloso disinteresse per la società che li circonda.

Guido Rossa con la figlia Sabina, oggi deputato del Pd
Caro Ottavio
L'indifferenza, il qualunquismo e l'ambizione che dominano nell'ambiente alpinistico in genere, ma soprattutto in quello genovese, sono tra le squallide cose che mi lasciano scendere senza rimpianto la famosa lizza della mia stazione alpina.
Da parecchi anni ormai mi ritrovo sempre più spesso a predicare agli amici, l'assoluta necessità di trovare un valido interesse nell'esistenza, che si contrapponga a quello quasi inutile (e non nascondiamocelo, forse anche a noi stessi) dell'andar sui sassi.
Che ci liberi dal vizio di quella droga che da troppi anni ci fa sognare e credere semidei o superuomini chiusi nel nostro solidale egoismo, unici abitanti di un pianeta senza problemi sociali, fatto di lisce e sterili pareti sulle quali possiamo misurare il nostro orgoglio virile, il nostro coraggio, per poi raggiungere (meritato) un paradiso di vette pulite, perfette e scintillanti di netta concezione tolemaica, dove per un attimo o per sempre, possiamo dimenticare di essere gli abitati di un mondo colmo di soprusi e di ingiustizie, di un mondo dove un abitante su tre vive in uno stato di fame cronica, due su tre sono sottoalimentati e dove su sessanta milioni di morti all'anno, quaranta muoiono di fame!
Per questo penso, anche noi dobbiamo finalmente scendere giù in mezzo agli uomini a lottare con loro, allargando fra tutti gli uomini la nostra solidarietà che porti al raggiungimento di una maggiore giustizia sociale, che lasci una traccia, un segno, tra gli uomini di tutti i giorni e ci aiuti a rendere valida l'esistenza nostra e dei nostri figli.
Ma probabilmente queste prediche le rivolgo soprattutto a me stesso, perché anche se fin dall'età della ragione l'amore per la giustizia sociale e per i diritti dell'uomo sono stati per me il motivo dominante, fin'ora ho speso pochissime delle mie forze per attuare qualche cosa di buono in questo senso (...).
L'Italia con i suoi gravi contrasti presenta una situazione politica particolare (...), io penso che il compito nostro non sia quello di elaborare modelli della società (...).
Da poco mi hanno eletto con regolari votazioni delegato di reparto. Inizia qui e probabilmente finisce la mia carriera di sindacalista.
Avrei voluto rimanerne fuori, ma mi hanno messo alle strette, dico che parlarne solo non basta! E fin dal primo giorno sono partito all'attacco, tanto per tre o quattro anni non potranno buttarmi fuori... 
Genova, 15 febbraio 1970

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